Michele Pironti e la sua biblioteca

Note biografiche.

Secondo una riflessione di Marguerite Yourcenar1 la conoscenza della composizione di una biblioteca è il tramite per comprendere il pensiero del possessore.

I libri del conte Michele Pironti ( 23 gennaio 1814-14 ottobre 1885 ), patriota e ministro, sono oggi custoditi, assieme alle carte e ai documenti da cui si ricavano particolari importanti sulla storia del Risorgimento, nella Biblioteca Provinciale di Avellino.

A questo Ente furono donati, nel 1984, in vista del primo centenario della morte dell’uomo di Stato ( celebrato in Avellino il 13 e 14 dicembre 19852 ) da sua nipote, la contessina Maria Pia Pironti ( 28 agosto 1896-8 gennaio 1989 ) che aveva custodito la biblioteca3 nella casa degli avi, in Misciano, pervenutale in eredità, unitamente ai discendenti del fratello conte Mario ( 1899-1983 ), da suo padre conte Francesco ( 1865-1932 ) figlio del patriota Michele, essendo morto celibe il fratello di quest’ultimo, Luigi ( 1829-1861 ).

Va detto, in proposito, che dai documenti dell’archivio Pironti di Misciano di Montoro, non risulta nessuna parentela con l’editore napoletano Tullio Pironti4 .

Il risorgimento italiano corrispose al grande slancio ideale che pervase, nel secolo XIX, tutte le regioni della penisola. I principi della libertà e della dignità dell’uomo, miranti ad affermare i suoi diritti fondamentali, si integrarono con la tendenza alla formazione dello Stato nazionale, unitario in quanto libero dalle barriere dei vari governi che avevano contraddistinto l’Italia nei secoli precedenti.

Il periodo francese dei primi anni dell’ottocento introdusse elementi di positività a causa della nuova legislazione fondata sul Codice Napoleone, della creazione di una classe amministrativa molto attenta, della formazione di una gerarchia efficiente.

Basti pensare a Michelangelo Cianciulli, imparentato con i Pironti, il ministro delle Finanze che, tra l’altro, contribuì all’abolizione della feudalità e al generale Carlo Filangieri ( 1784-1867 ), che attraversò tutto il periodo borbonico, venendo impiegato dallo stesso governo. I Borboni, infatti, ritornati sul trono dopo il 1815, utilizzarono parzialmente l’apparato burocratico francese, il che consentì loro la sopravvinenza fino al 1860.

Alle nuove idee aderirono molti montoresi, primo fra tutti Vincenzo Galiani, che fu giustiziato in Napoli nel 1794, per aver aderito alla congiura giacobina e tutte le famiglie Galiani e Pepe, tra di loro congiunte, che operarono attivamente per la Repubblica del 1799. Ad essi si accompagnarono, in Montoro, Donato Maffei, di Preturo, Nicola Galiani, fratello di Vincenzo, il sac. Gaetano Maffei, di Preturo, il sacerdote Donato Clemente, di S. Pietro, Matteo Pironti, di Misciano, Gaetano Bruno, di Preturo con i fratelli Giacomo e sac. Carmelo Bruno, Nicola de Felice, di Piano, Salvatore Romano, dimorante in S. Pietro, Ciriaco D’Amore, di S. Pietro, Salvatore Barbarisi, di Banzano, Vicenzo Pelosi, di Aterrana, Luca Balsamo, di Banzano5.

La famiglia Pironti era << tutta di sentimenti liberali >>6: uno zio materno di Michele, Alfonso Belli di idee costituzionaliste, partecipò ai moti del 1820-21, per cui fu condannato all’esilio. Questo avvenimento, e la considerazione delle conseguenze della azione poliziesca nel Cilento per gli avvenimenti del 1828 influirono sulla futura vita politica del Pironti7.

Nato in Misciano di Montoro da don Francescantonio ( 1790-1853 ) e Carolina dei baroni Belli ( 1794-1872 ) di Atripalda8, il 23 gennaio1814, Michele Pirontiintraprese gli studi letterari al liceo di Nola, dove si distinse come traduttore di opere classiche e nel 1831 frequentò il corso di laurea in Lettere e Filosofia. Successivamente seguì lezioni di diritto, a Salerno, dove instaurò rapporti intellettuali con Saverio Avossa9, che rinsaldarono la sua accesa adesione agli ideali liberali. Intorno al 1840 la sua vita, dunque, si svolgeva tra Salerno e Napoli. Nella prima delle due città il Pironti fu avvocato aggiornato sulla giurisprudenza del tempo, come si evince dalle sue deduzioni del periodo, che contengono preziose argomentazioni in cui il sapere giuridico si affianca alla cultura umanistica.

MICHELE PIRONTI ALL’ETA’ DI 30 ANNI

A Napoli, poi, coltivò l’amicizia di Basilio Puoti, il noto cultore della lingua italiana e, allora, si avvicinò probabilmente per la prima volta alla conoscenza della filosofia tomistica10, che sotto certi aspetti esercitava allora un notevole interesse. Lo studio filosofico di Tommaso d’Aquino che continuerà nel carcere borbonico, con la traduzione della “Summa contra gentiles” avrà, sotto altri aspetti, risvolti sul pensiero del Pironti, del periodo unitario, informato da uno stampo tomistico nel dibattito con gli hegeliani di Napoli, tra cui Bertrando Spaventa

11

Naturalmente il Pironti si riporta alla purezza dell’originaria intuizione dell’Aquinate e non alla riduzione di essa operata dalla manualistica neotomista12.

A Salerno si svolge l’attività di Michele Pironti negli anni quaranta dell’ottocento. Esponente della loggia salernitano-lucana, è al centro, nel caffè del Campo, della gioventù liberale << intorno a lui riunita nelle ansie del fortunoso quarantotto >>13, con all’orizzonte i moti del Cilento del 1828, soppressi nel sangue e i nuovi rivolgimenti del 1848, avvenuti nella stessa regione.

Stampa, a Salerno, la tragedia Pandolfo Petrucci, che fu un tiranno dell’Italia dei Comuni. L’allusione al re Borbone è ben chiara, per cui è sotto la sorveglianza della polizia. Il controllo si attenua, in quanto, sotto l’incalzare degli avvenimenti, Ferdinando II concede la Costituzione ( 11 febbraio 1848 ).

Il governo costituzionale ebbe vita breve, impelagata in questioni quali la formula del giuramento, la nomina dei membri della Camera della Paria, la fiducia ai ministri da parte del Parlamento. Il Pironti nell’accuirsi dei contrasti, alimentati anche dai sospetti sulla condotta del Re, abbandonò la sala di Monteoliveto e aderì, quale firmatario, alla “Protesta” di Mancini. Tuttavia svolse una funzione pacificatrice degli animi, prima che le truppe svizzere, in collaborazione con i lazzari, iniziassero la reazione borbonica, che comportò il 15 maggio 1848 il massacro dei liberali, soprattutto di provenienza dalle provincie. Dopo giorni incerti, la Costituzione venne abolita nel 1849.

Michele Pironti , che durante l’esperienza costituzionale era stato Giudice di Corte Criminale e Deputato eletto con 3904 preferenze in Principato ultra14, dopo gli avvenimenti del 15 maggio 1848, messo al ritiro dalla magistratura, si dedicò all’attività di giornalista. Col Trinchera15 pubblicò il giornale “L’indipendente” che ebbe durata dalla fine del 1848 al 1849, esprimendosi contro le leggi liberticide, che di fatto vanificavano la Costituzione, e la conseguente involuzione del governo.

Il 20 febbraio 1848 iniziò la pubblicazione del giornale “La guida del popolo” fondato e diretto dallo stesso Pironti, stampato a Salerno, che in prosecuzione de “Il Picentino” del 1846, di cui il medesimo era stato collaboratore, esprimeva grande sensibilità nei confronti delle proteste operaie delle filande delle valli dell’Irno e del Sarno, contro la gestione di ricchissimi industriali svizzeri, protetti dalla politica economica dei Borboni. Dalle pagine del giornale trovava voce la richiesta di aumenti di salario e di più umane condizioni di vita16.

Michele Pironti nell’incalzare degli avvenimenti si dimostrò moderato. Tentò di Svolgere, come si è detto, un’azione pacificatrice degli animi. Ma a Napoli non si riscontrava la collaborazione del “potere” con la opposizione moderata, la quale nel clima di diffidenza si sentì sempre all’opposizione.

Di conseguenza Pironti, con Silvio Spaventa17, Settembrini18, Nisco19, fu nella setta segreta dell’Unità Italiana, di cui fu capo dopo l’arresto di Settembrini. Di questo fu accusato nel processo che si svolse dopo che la polizia, nel luglio 1849, perquisì la casa di Misciano e nel successivo tre agosto, facendo irruzione nell’abitazione di Napoli, trovò alcune carte tra cui l’<< Inno Nazionale >>, scritto nel ’48, rientrante tra i canti divulgati a Napoli in quel periodo di consensi alle nuove idee20.

Il Procuratore del Re nel dicembre 1850 chiese la pena di morte per Pironti e altri cinque accusati: Settembrini, Nisco, Agresti21, Faucitano22, Barilla23. Nel proprio “costituto”24 cioè la sua difesa, il Pironti mette in evidenza le forzature usate nel processo << da una sorda fazione nemica degli ordini politici nuovamente costituiti >>, ma, malgrado queste asserzioni, fu condannato, il 1° febbraio 1851, a 24 anni di ferri nelle galere borboniche.

La dignità con cui i condannati si comportarono al processo è messa in rilievo, tra gli altri, da Pietro Calà-Ulloa, giudice e politico, legato alla dinastia borbonica: << si notò fermezza di accusati, eloquenza di difensori e passioni di magistrati. Il presidente Domenicantonio Navarra fu partigiano. Per lui la severità era giustizia: pe’ reati di maestà non credeva che a’supplizi. Severissime pene furono pronunciate, più degli accusati, gli spettatori commossi >>25.

Le belle e accorate pagine di Sigismondo Castromediano26, alle quali si accompagnano quelle di Nisco27 e Settembrini28, ci descrivono le vie del martirio nelle galere borboniche.

Michele Pironti con Poerio29, Braico30, Dono31, Errichiello32, Nisco, fu condotto a Nisida nel 1851, dove avvenne la separazione dagli ergastolani tra cui Settembrini e nello stesso anno fu rinchiuso nel bagno penale di Ischia. Successivamente, nel 1852, fu trasferito a Montefusco ed infine a Montesarchio, nel 1855.

Mentre erano nel carcare di Nisida ricevettero la visita del Gladstone33, introdottosi nel bagno quasi clandestinamente. Da quest’incontro, il politico inglese ricavò una visione pratica delle sofferenze cui erano sottoposti gli oppositori del regime borbonico, per cui poté sensibilizzare l’opinione pubblica britannica sulle condizioni dei condannati.

Le lettere di Gladstone a lord Aberdeen34, derivanti da questo contatto, fecero scalpore nell’intera Europa, gettando il discredito sui Borboni di Napoli. La delegazione inglese a Napoli prese parte alle ragioni dei detenuti e, con i suoi agenti, tra cui Henry Wreford, permise i rapporti tra gli ergastolani e i galeotti con le nazioni “moderne” prima fra tutte l’Inghilterra, dove Gladstone continuò la sua opera, portando la questione al Parlamento britannico.

Il Pironti, nelle galere, tra infermità fisiche35, sofferenze morali e sventure36, riuscì a trovare un’ancora di salvezza, traducendo, nel 1852, il V libro dell’Iliade. Riprese quindi lo studio di Tommaso d’Aquino al quale forse si era già avvicinato nel 1844. Tradusse, quindi, la “Summa contra gentiles” trovando in essa dei concetti che avrebbe utilizzato più tardi, dopo l’Unità, nel discorso inaugurale, tenuto il 9 gennaio 1871, alla Corte di Appello37.

Nel contempo, si dedicò allo studio del tedesco, dalla quale lingua in gioventù aveva iniziato traduzioni da Schiller.

E ancora, a Montesarchio, continuò a leggere la Bibbia e tradurne parti dal greco, sempre con lo scopo di riaffermare il cristianesimo delle origini, non corrotto dalle successive sovrastrutture.

Ma, al di sopra di tutto, trovò conforto e questo sempre, in tutta la sua vita, nella Divina Commedia, che conosceva a memoria.

Dalle carceri di Montefusco e Montesarchio i detenuti, oltre a far conoscere al mondo esterno la condizione di prigionieri politici, manifestarono la loro opinione sul nuovo Stato che potesse sorgere dallo sgretolarsi di quello napoletano.

Fecero ciò utilizzando vari sistemi, tra cui quello di messaggi in codice.

Fu respinta la proposta di portare sul trono il principe Luciano Murat ( figliuolo di re Gioacchino ). I patrioti preferirono individuare il Regno di Piemonte come lo Stato che avrebbe potuto portare avanti l’ideale di libertà.

Il Piemonte, infatti, fu l’unico stato italiano a basarsi su un patto costituzionale, lo Statuto Albertino, da cui, con le modifiche dettate dagli avvenimenti, è derivata la nostra Costituzione. Il primo ministro, Cavour, si era fatto le ossa sul sistema parlamentare britannico. Proprio a Torino col decisivo apporto degli esuli meridionali venne maturandosi – in quel decennio di preparazione unitaria – la coscienza dell’Italia nuova. << Si può dire che il tono della vita culturale piemontese venne rinnovato,snellito, sprovincializzato dal contatto con questa intelligenza italiana >> di cui i fuorusciti erano apportatori.38

Nel 1858 l’agonizzante governo borbonico, con una formula ambigua, individuò gli Stati Uniti di America come il paese atto ad accogliere i detenuti politici, cosi da sbarazzarsene.Michele Pironti , al momento dell’imbarco, per le sue problematiche condizioni di salute fu fatto scendere dalla nave e fu lasciato sulla spiaggia di Coroglio per essere poi rinchiuso nel carcere di Nisida, dove rimase fino all’estate del 1859. Successivamente fu relegato nella sua casa di Misciano fino al 1860, quando fu definitivamente libero.

Nel nuovo Stato ritornò ad essere giudice. Fu consigliere della Corte d’Appello di Napoli nel 1860 e Segretario Generale di Grazia e Giustizia, incarico cui era connesso quello, allora molto delicato, degli affari ecclesiastici, nel 1861. Come Segretario di Grazia e Giustizia si occupò del riordino della magistratura e provvide alla crezione del suo nuovo organico.

Nel 1862 fu eletto Deputato dell’VIII legislatura, nei banchi della Destra, nel 1868 svolse la funzione di Procuratore Genarale della Corte d’Appello di Napoli, nel 1869 fu Senatore del Regno e Ministro Guardasigilli.

Precedentemente, nel 1863, aveva sposato Giuseppina Mascilli, di 23 anni, figlia di Ferdinando, patriota che, dopo essere stato più volte inprigionato e inquisito dalla polizia borbonica, aveva fatto da collegamento tra i condannati e il mondo esterno. La stessa Giuseppina aveva, da ragazza, collaborato nel trasmettere preziose informazioni e nel custodirle accuratamente.

IL CONTE MICHELE PIRONTI NELL’ANNO 1869

Il ministero di Michele Pironti attraversò un periodo molto delicato, per le accuse al governo provocate dalla Sinistra a causa di responsabilità di specifiche entità politiche in affari. Per dirla con Spadolini39, il Pironti si trovò ad attraversare la << oscura fase delle messe in scena di Lobbia40>>. L’azione del ministro fu protesa alla difesa del Principio di autorità dello stato italiano, contro il rischio che la nuova Italia fosse messa in crisi nelle ancora giovani istituzioni.

Nella prima circolare scrisse: << la magistratura deve essere vigile e fedele esecutrice delle leggi che divengono inefficaci se l’esecuzione è affidata a mani deboli, inesperte o infedeli >>.

Importanti sono alcuni suoi discorsi: l’uno del 1871 come Procuratore generale alla Corte d’Appello di Napoli sui “Rapporti giuridici tra Stato e Chiesa” di cui si è sopra parlato. L’altro, tenuto al Senato nel 1875, sulla pena di morte che, malgrado la efferatezza, afferma il Pironti, << non diminuisce i reati >>.

Scrisse ancora, in latino, un’orazione per la morte dell’amico latinista Antonio Mirabelli ( “In obitu Antonii Mirabelii” Napoli, 1884 ) che contribuì alla rinascita del Seminario Arcivescovile di Salerno. Il Mirabelli, intervenendo alle riunioni poetiche e letterarie, alle quali partecipava il Pironti, << quae versu, quae prosa fere quotidie recitabantur>> era di esse << laudator et censor >>.

Consigliere provinciale del Mandamento di Montoro, nel 1873, il Pironti fu Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Avellino fino al 1876, dove operò per comporre le fazioni al fine di giungere ad un corretto confronto.

Trasferito a Firenze, allora capitale, nel 1876, come Procuratore Generale della Corte di Cassazione, ottenne la cittadinanza onoraria di questa città.

Decorato di importanti onorificenze cavalleresche dallo Stato Italiano e dalle Nazioni Estere41, ottenne, il 21 ottobre 1869, dal Re Vittorio Emanuele II, l’alto titolo trasmissibile di Conte.

Michele Pironti morì a Torre del Greco il 14 ottobre 1885.

Il villaggio Misciano ( Montoro ) che fu culla dell’illustre patriota e degli avi della famiglia, ne tramanda con deferenza la memoria.

Note

  1. M. Yourcenar: “Memorie di Adriano” Einaudi, 1982, pag. 285.
  2. In relazione alla manifestazione per il centenario, tenutasi in Avellino, furono pubblicati gli atti del relativo convegno nazionale nella rivista “Riscontri” ( Anno VII, n.3-4, luglio-dicembre 1985 ) con gli interventi di Spadolini, Scirocco, Liberati, Barra, Colapietra, Iermano, Della Sala, Battaglini, La Sala, Potestà, D’Episcopo.
  3. Nel palazzo di Misciano esisteva la ricca biblioteca formata da più di quattromila volumi, il cui nucleo centrale era costituito dai libri dell’illustre patriota, cui si aggiungevano i testi già esistenti in famiglia e quelli raccolti da Carolina Pironti ( 1864-1931 ) figlia del conte Michele. Inoltre nella stessa casa erano conservati i manoscritti e preziosi ritratti e memorie. Tutto questo materiale fu oggetto della donazione alla Provincia, con atto del 13 dicembre 1984, registrato ad Avellino il 20-12-1984, n.6430.
  4. Non si capisce come si possa essere, invece, formata tal notizia, trasmigrata in Internet e nell’enciclopedia on line wikipedia.
  5. Per le biografie di parecchi di essi cfr. Aurelio Galiani: “Montoro nella storia e nel folklore” 1° edizione Rivellini 1947 e 2° edizione 1990.
  6. Antonio Cerrato: “Michele Pironti di Montoro” 1988 pag. 33. Inoltre cfr. Nicola Valdimiro Testa: “I patrioti meridionali e le carceri di Montefusco” estratto dalla rivista abruzzese di Scienze, lettere ed arti, anno XXI, fasc. X, Teramo, 1906.
  7. Toni Iermano: “Per una biografia di Michele Pironti” Amm.ne provinciale di Avellino, 1985.
  8. Cfr. Corrispondenza Carolina Pironti-Aurelio Galiani.
  9. Saverio Avossa ( 1773-1845 ) avvocato salernitano, esiliato per la rivolta del Cilento nel 1828. Nel 1835, ritornato a Salerno, fu organizzatore del movimento liberale.
  10. Cfr. Toni Iermano: “Per una biografia…”cit. pag. 7 e 11.
  11. Questo aspetto “tomistico” del pensiero del Pironti fu messo in luce dal filosofo Ernesto Buonaiuti, che si basò sui ricordi di Carolina Pironti, figlia di Michele.

    Cfr. Carolina Pironti: “Un ignoto tomista ( Michele Pironti )” in “La voce di Napoli” anno VII n° 1, del 4 gennaio 1925 e Aurelio Galiani: “Montoro nella storia e nel folklore”cit. 2° edizione 1990 pag. 141-144. Cfr. inoltre, Carolina Pironti: “Michele Pironti e l’anima italiana del Risorgimento” in “Corriere dell’Irpinia” 13 novembre 1926; e la premessa di questa monografia, dal titolo: “Ricordando Michele Pironti” scritta da Buonaiuti, di cui non compare il nome essendo ormai lo stesso Buonaiuti scomunicato <> con decreto del S. Uffizio del 25-1-1926 in quanto aderente al “modernismo” e avversario all’ipotesi di un “partito cristiano”.

  12. Cfr. Gian Luca Potestà: “Carolina Pironti Ernesto Buonaiuti e il profilo di << un ignoto tomista >>”, in rivista “Riscontri” 1985, cit.
  13. Queste parole sono scritte nella lapide posta in Salerno, in Piazza del Campo, dove era il caffè, ritrovo dei giovani liberali.
  14. Cfr. Toni Iermano: “Per una biografia di Michele Pironti” op. cit.
  15. Francesco Trinchera ( 1810-1874 )lessicografo, economista, preposto alla istruzione pubblica, direttore degli Archivi di Stato, cui si deve la pubblicazione di un gran numero di documenti medievali del grande Archivio di Napoli.
  16. Al giornale collaborò attivamente Angelo Pironti ( 1817-1850 ), morto prematuramente durante la prigionia del fratello, forse straziato dal grande dolore.
  17. Silvio Spaventa ( 1822-1893 ), avvocato e deputato al Parlamento napoletano del ‘48. Fu condannato a morte, pena commutata in ergastolo a S. Stefano. Poi fu Segratario nella luogotenenza di Napoli nel 1860. Nel 1862 fu segretario generale del Ministero degli Interni e Ministro dei lavori pubblici dal 1873 al 1876. Fu nominato Senatore nel 1889.
  18. Luigi Settembrini, v. nota in prosieguo.
  19. Nicola Nisco, v. nota in prosieguo.
  20. L’autografo dell’Inno Nazionale è compreso tra i documenti donati da Maria Pia Pironti al Museo del Risorgimento di Avellino.
  21. Filippo Agresti ( 1797-1862 ), condannato a morte, pena poi commutatagli nell’ergastolo che scontò nell’isola di S. Stefano. Liberato nel ’59 rifiutò la nomina a Direttore generale dei dazi, ma svolse la funzione di vice sindaco in una sezione municipale di Napoli.
  22. Salvatore Faucitano nato nel 1807, fu appaltatore di attività ferroviarie. Processato per la setta dell’Unità Italiana, fu condannato a morte, ma scontò la pena, commutata, nell’ergastolo di S. Stefano, fino a quando fu liberato nel 1859.
  23. Felice Barilla, nato nel 1809, fu sacerdote. Processato per la Setta dell’Unità, fu condannato all’ergastolo nell’isola di S. Stefano, da cui fu liberato nel 1859.
  24. Il “costituto” di Michele Pironti si trova nell’Archivio Pironti-Poerio ( Archivio di Stato di Napoli ) tra le carte ad esso cedute dalla famiglia.
  25. Pietro Calà-Ulloa: “Intorno alla storia del Reame di Napoli di Pietro Colletta-Annotamenti” Napoli, tip.De Bonis, 1877 idem “Il regno di Ferdinando II” a cura di Giuseppe F. De Tiberiis, Ed. Scientifica Italiana, Napoli, 1967 in A. Cerrato: “Michele Pironti…” cit., pag. 131.
  26. Il duca Sigismondo Castromediano ( 1811-1895 ) condannato a 30 anni di carcere, fu nei bagni penali di Procida, Montefusco e Montesarchio. Deputato al Parlamento unitario scrisse le sue memorie sotto il titolo: “Carceri e galere politiche”, ed. Salentina, Lecce, 1895.
  27. Nicola Nisco ( 1816-1901 ) fu condannato quale appartenente alla setta dell’unità italiana a 30 anni di ferri che scontò ad Ischia, Montefusco e Montesarchio. Fu deputato e ministro nel governo unitario. Come scrittore di storia pubblicò: “Gli ultimi trentasei anni del Regno di Napoli”Morano, Napoli, 1889; “Alla memoria del grande cittadino Michele Pironti” Tip. De Martino, Benevento, 1885.
  28. Luigi Settembrini ( 1813-1876 ) condannato a morte per la setta dell’unità italiana, pena commutatagli nell’ergastolo che scontò a Santo Stefano. Fu letterato e insegnò nell’Università di Napoli. Senatore dopo l’unità.
  29. Il barone Carlo Poerio ( 1803-1867 ) fu ministro sotto Ferdinando II. Condannato per la setta dell’Unità a 24 anni di ferri fu nelle carceri di Nisida, Ischia, Montefusco e Montesarchio. Intrattenne i rapporti con l’Inghilterra e con il Piemonte per un’Italia liberale. Un suo nipote, dello stesso nome, sposò Rosalia Pironti ( nata nel 1867 ) figlia di Michele.
  30. Cesare Braico ( 1823-1887 ) fu medico. In seguito alla condanna per la setta dell’Unità fu nei bagni di Nisida, Ischia, Montefusco e Montesarchio. Fu deputato nel governo unitario e Archivista di stato. Partecipò alla spedizione dei Mille.
  31. Vincenzo Dono, ( 1805-1875 ) farmacista fu processato per la rivolta del Cilento del 1828. Combattè sulle barricate il 15 maggio 1848. Fu condannato per la appartenenza alla setta dell’Unità a 19 anni nei bagni di Nisida, Ischia, Montefusco e Montesarchio.
  32. Gaetano Errichiello nato a Napoli nel 1803. Caffettiere fu condannato a 19 anni di ferri, in seguito al processo per l’Unità, che scontò nei bagni di Ischia e di Montefusco. Dopo il 1860 gestì una rivendita di sale e tabacchi.
  33. William Ewart Gladstone ( 1809-1898 ) più volte primo ministro britannico. Si occupò di problemi sociali e delle minoranze, ogni volta che fossero stati violati i diritti fondamentali.
  34. Lord Hamilton Gordon, conte di Aberdeen ( 1784-1860 ), primo ministro inglese dal 1852 al 1855, già ministro degli esteri nel 1841-1846.
  35. Il compagno di prigionia, farmacista Vincenzo Dono, cosi descrive in una lettera alla propria moglie Cecilia Trippitelli, del 21 febbraio 1857, le condizioni di salute di Michele Pironti, nella durezza del carcere: Pironti è inchiodato da quattro anni << con un forte attacco a la spina dorsale. E’ emiplegico e tutto paralitico, e per essere sollevato gli bisognano due persone. Ogni venti o trenta giorni è attaccato da violenti convulsioni, che durano ventiquattro ore e a volte fino a tre giorni >>.
  36. La morte del padre Francescantonio nel 1853 e dei fratelli Angelo nel 1850 e Potito nel 1857.
  37. Michele Pironti: “Rapporti giuridici tra Stato e Chiesa e reseconto dell’amministrazione giudiziaria per l’anno 1870”, stamperia Argenio, Napoli, 1871. In tale discorso il Pironti auspica << un passo verso la Chiesa nuova, verso lo Stato nuovo >>, e continua sulle interferenze del potere ecclesiastico nella società nazionale. Nel discorso è presente, per dirla col Buonaiuti, la distinzione tra il nucleo centrale della religiosità cristiana dai rivestimenti effimeri della sua organizzazione terrena.
  38. Guido Oldrini: “L’ottocento filosofico napoletano” 1986.
  39. Giovanni Spadolini: “Michele Pironti e il patriottismo meridionale” in rivista “Riscontri” cit.
  40. Cristiano Lobbia ( 1832-1876 ) maggiore nell’esercito, deputato nel 1867.
  41. Michele Pironti fu grand’ufficiale dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro; ebbe il gran cordone della corona d’Italia e quelli degli ordini di Wurtemberg e di S. Marino. Cfr. A. Cerrato: “Michele Pironti…” op. cit. pag. 208-209.