La concezione della Fede in Padre Salvatore da Caposele (1788-1868) e il suo rapporto intellettuale con la teologia di Mons. Agostino Gervasio (1730-1806).

In data 18 settembre 2015, nel giardino della mia casa, si è tenuta, alla presenza del Sindaco di Montoro, dott. Mario Bianchino e del Provinciale dei Frati Minori, Padre Emanuele Bochicchio, la presentazione del volume di Vito Donniacuo: <<Padre Salvatore da Caposele. Il “santo” di Montoro>> Ed. Comune di Montoro – giugno 2015. 1
Nell’occasione il Sindaco ha espresso a nome della Comunità i ringraziamenti al dott. Vito Donniacuo, in quanto la figura di padre Salvatore << costituisce per tutti noi un riferimento in questo periodo di difficoltà >>. Il Provinciale dei Francescani, padre Bochicchio, poi, ha manifestato il proprio apprezzamento per l’evento che ha costituito un rinnovo del ricordo di padre Salvatore, e ha puntato l’accento sui concetti importanti emersi da questa giornata, primo fra tutti quello sulla preghiera da farsi nel modo suggerito dal frate francescano. Inoltre, la maniera di annullare i contrasti con l’umiltà e, soprattutto, la grande imitazione di Cristo sono state le riflessioni fondamentali che padre Bochicchio ha raccolto dagli interventi e ha “portato con sè” in seguito alla manifestazione.
Agli interventi suddetti si sono affiancate le mie parole che riproduco di seguito, perché le ritengo utili per ricercare i rapporti di Padre Salvatore con lo studio delle opere teologiche di Mons. Gervasio, illustre montorese e con gli eventi della seconda metà del milleottocento.

Immagine di Padre Salvatore da Caposele, riprodotta in zincotipia e molto divulgata nel 1868.

“Il volume su Padre Salvatore da Caposele ci mostra l’agire terreno del frate francescano, fatto di opere di beneficienza e di eroiche virtù.
Penso che mia madre, Anna Pia Pironti Galiani ( morta nel novembre 2011 ) sarebbe stata lieta per questa manifestazione, in quanto apprezzava molto le doti di santità del Padre francescano, di cui mi raccontava le molte opere benefiche, come ad esempio quella consistente nel sottrarre, durante il proprio desinare in convento, porzioni di cibo, quali la minestra di fagioli, per darle ai poveri.    
Il dott. Vito Donniacuo ha messo insieme tutte le testimonianze della santa vita del Padre francescano, per cui l’opera è meritevole, in quanto vale a ravvivarne il ricordo.
Il volume è corredato da molti documenti, allegati in copia, come gli “attestati giurati” vale  a dire le testimonianze dei contemporanei, laici e sacerdoti, sulle eroiche virtù di Padre Salvatore e il manoscritto di suo pugno, donato alla mia bisnonna, Anna Galiani Buonfiglio, ( n. 1842-m. 1915 ), sul << modo di fare l’orazione mentale >> fatto di preghiere fisse in una forma determinata e ripetute, ma con la particolarità che nel recitarle, concentrandosi sul concetto da esse espresso, lo si comprende e assimila pienamente. Ma ancor più questa maniera di pregare è significativa per le letture, tratte soprattutto dai vangeli e per i momenti di meditazione, proposti dal frate.
Un particolare che emerge dal volume e da altre biografie di padre Salvatore 1 è costituito dal Commento alle opere teologiche di Mons. Agostino Gervasio, pubblicate nella seconda metà del millesettecento.
Mi propongo in questa sede di individuare, attraverso le opere del Gervasio, alcuni motivi informatori del pensiero di padre Salvatore.
Il commento fu effettuato negli anni giovanili 2 e forse è andato perduto.
L’opera del Gervasio è costituita da due trattati di teologia scritti per gli studenti dell’Università di Vienna nella quale il Gervasio insegnò e poterono servire a P. Salvatore da base su cui costruire la propria formazione.

Mons. Agostino Gervasio fu un illustre montorese, nato nel 1730 a S. Pietro, tra S. Pietro e Torchiati, nel luogo detto “casa Gervasio”, di fronte a casa Pepe. Fu chiamato intorno al 1764 a Vienna dall’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo-Austria per occupare la cattedra di Teologia in quella Università. Al ritorno nel Regno di Napoli, dove sul trono sedeva la regina Maria Carolina, figlia di Maria Teresa, fu nominato nel 1770 vescovo di Gallipoli, nel 1780 amministratore apostolico di Melfi e Rapolla, nel 1792, arcivescovo di Capua e, nel 1797, Cappellano Maggiore, carica che comprendeva le funzioni di alta giurisdizione ecclesiastica e di Prefetto degli Studi 3

Agostino Gervasio (1730-1806) da un ritratto eseguito intorno al 1770.

La prima delle sue opere che passiamo ad esaminare si intitola: “De legibus, peccatis et peccatorum poenis4 ” ( Le leggi, i peccati e le pene per i peccati).
Agostino Gervasio dimostra di aver ben chiara la distinzione della legge in legge civile e legge della Chiesa. E questo anche per l’aria che si respirava alla corte della Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo caratterizzata da importanti riforme in campo amministrativo e giuridico, basti pensare al Codex Theresianus, compilato tra il 1752 e il 1766.  
La legge umana, asserisce il Gervasio, è l’insieme dei precetti giusti emanati dai Principi secolari (cioè dallo Stato Civile, potremmo dire oggi) o dalle autorità ecclesiastiche, per l’utilità dei sudditi:
“lex humana est praeceptum iustum ab ecclesiae rectoribus,vel a saecularibus principibus, emanatum ad comunem subditorum utilitatem5 ”.
Il concetto di utilità comune corrisponde ad un valore molto divulgato dalla monarchia asburgica. Cosi infatti il re Filippo II d’Asburgo-Spagna faceva coniare monete con il motto <<commoditati publicae>>  per la pubblica comodità, ad affermare l’importanza dei contatti umani, che trovano, tra l’altro, espressione nel commercio.
Viene identificata, da Gervasio, anche la funzione del Popolo nella formazione della legge, in quanto nel Regime Democratico, come egli dice “Democratica dominatione”, “dominio Democratico” “potestas legum lationis Populo inest6 ”, cioè la presentazione della proposta di legge, la  legislazione, appartiene al popolo.

E mette in relazione queste parole con un particolare passo che si legge nelle Istituzioni di Giustiniano, la grande compilazione con cui venne riordinato il Diritto Romano, base delle leggi successive, su cui si fonda anche il nostro diritto:
lex est quod populus romanus senatorio magistratu interrogante vel consulente  constituebat”.
“La legge è ciò che il Popolo Romano istituisce, mediante la richiesta e il consiglio della Magistratura Senatoria”.
    Quindi dal discorso del Gervasio deriva una precisa distinzione tra legge civile (quella dello Stato), legge ecclesiastica (formata dal diritto canonico, cioè la legge interna alla Chiesa e dal diritto ecclesiastico, relativo ai rapporti internazionali della Chiesa con gli Stati) e Popolo con funzione propulsiva nella legislazione.  
Però, a questa definizione circa le leggi civili, si aggiunge la argomentazione: <<quaenam sit civilis potestas circa sacra >>, quale sia la potestà civile nei confronti delle cose sacre7
E il discorso è tutto indirizzato a mostrare l’indipedenza del “sacro” dal potere civile.
Ed è proprio su questa distinzione che padre Salvatore da Caposele fonda il suo rifiuto ad abbandonare il Convento quando ne viene decretata la abolizione.
Padre Salvatore non lascia il luogo “sacro” reso ancora più sacro dalla preghiera e dalla beneficenza dei frati.
Bisogna dire che anche da parte liberale padre Salvatore fu molto apprezzato, come dimostra la poesia, compresa tra gli attestati, scritta da Nicola Pepe, di Torchiati, poeta, pittore e patriota montorese.8
Erano ormai i tempi, nella seconda metà dell’ottocento, in cui si affermava lo Stato Nazionale Italiano, non senza contrasti con la Chiesa.
Per rimanere nell’ambito di cittadini legati a Montoro, il conte Michele Pironti nel suo celebre discorso sui rapporti tra Stato e Chiesa affermò: << A nessun sincero cattolico può essere dubbio che la cessazione della sovranità temporale del Pontefice favorirà ed assicurerà gli spirituali interessi della Chiesa e del Papato>>.9
Ma lo stesso Michele Pironti, nel 1869, intervenne come Ministro di Grazia e Giustizia, per la riapertura del Santuario dell’Incoronata in Torchiati.10
Questo perché diversa era la realtà locale da quella Nazionale. Il Santuario, luogo di preghiera dei pellegrini provenienti da ogni parte e soprattutto dall’Irpinia e dal salernitano, non doveva essere chiuso.
Il 12 maggio 1865 il Consiglio Comunale di Montoro Superiore discusse intorno all’abolizione del Convento Francescano di Torchiati.
Allora la legge di abolizione era solo allo stato di proposta e non di attuazione.
Il barone Giovan Leonardo Galiani venne a Montoro appositamente da Napoli per opporsi alla proposta del Sindaco. Il viaggio da Napoli, allora, alla metà dell’ottocento,  era costellato di pericoli, come quello costituito da una rilevante presenza di briganti, a cui bisognava pagare un pedaggio. Vicino Mercato Sanseverino, a poca distanza da Montoro, esisteva un luogo detto la Cupa di Catavate, che era, appunto, una base di appostamento delle bande.
    Quindi, ferma fu la volontà del barone di intraprendere il viaggio verso Montoro dove, giunto, affermò in Consiglio che era una << mostruosa ingratitudine la espulsione di Monaci, che da tanti anni tanto bene avevano fatto a Montoro >>.11
La proposta del Sindaco, circa la abolizione, fu respinta, ma dopo ricorso al Prefetto, il Convento fu soppresso nel 1866.
Padre Salvatore da Caposele al momento della soppressione, proprio ad affermare l’indipendenza del “sacro” rimase al suo posto e fu trovato << in ginocchio davanti al Crocefisso >>12. I funzionari comunali, giunti per chiudere il Convento, gli dissero: << Voi potete restare >>.
A farci conoscere la concezione religiosa di P. Salvatore da Caposele contribuisce l’altro tema teologico di Mons. Agostino Gervasio, espresso nell’opera “De Verbo Dei incarnato” 13(“L’incarnazione del Verbo di Dio”).
Questa opera, come si è detto, fu commentata dal nostro frate  e quindi fu oggetto del suo pensiero. Ritengo che abbia avuto influenza sul sentimento di Padre Salvatore il passo in cui il Gervasio parla della morte di Cristo per i peccati del genere umano. <<Voluit ille semetipsum loco nostri substituere>>.[efn_noteA. Gervasio: “De verbo Dei…” op. cit. 1764 pag. 4[/efn_note] Cristo volle sostituire se stesso in luogo nostro, al fine della nostra redenzione.
    Il Gervasio rivolge una forte critica ai protestanti più radicali, in particolare ai Sociniani, affermando che il loro punto di vista rischia di dare alla crocefissione un significato metaforico.
    Al di là di questo dibattito, Padre Salvatore procede con molta mansuetudine e senza nessuna polemica ad una estrema mortificazione della propria carne e, professando di continuo la propria inadeguatezza, rinunciando ad ogni pur lieve comodità, si sforza sempre, come uomo, d’avvicinarsi a Dio, offrendo le proprie sofferenze ad imitazione di Gesù Cristo”.

Aurelio Pironti

Montoro: alcuni momenti della manifestazione del 18 settembre 2015

Note:

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  1. Aurelio Galiani: “Montoro nella storia e nel folklore” prima edizione 1947, seconda edizione 1990, pag. 180-182 e pag. 153-156. Vito Donniacuo:  “Padre Salvatore da Caposele. Il “santo” di Montoro” ed. Comune di Montoro, tip. Lubigraf, giugno 2015 pag.24 e 90.
  2. P. Salvatore da Caposele, prima di vestire l’abito dei Minori, si recò per affari di famiglia, a Capua, sede arcivescovile di Mons. Gervasio.Cfr. Donniacuo: “Padre Salvatore…” 2015, op. cit. pag. 69.
  3. Agostino Gervasio, nato il 22 gennaio 1730 mori nella notte tra il 17 e 18 marzo 1806. Fu anche studioso delle lingue greca ed ebraica e scrisse molte opere scientifiche e numismatiche, rimaste per lo più inedite.
  4. F. Augustini Gervasio, in Universitate Vindobonensi publici professoris: “De Legibus, Peccatis et Peccatorum Poenis” Libri tres-Vindobonae, Typis Joannis Thomae Trattner, MDCCLXIV (1764).
  5. A. Gervasio: “De legibus…” op. cit. 1764 pag. 95 segg.
  6. A. Gervasio: “De legibus…” op. cit. 1764, pag. 109.
  7. A. Gervasio: “De legibus…” op. cit. 1764 pag.149.
  8. V. Donniacuo, attestati giurati, pag. 92 – Su Nicola Pepe vedi biografia in A. Galiani: “Montoro …”, 1990, pag. 114-6 e 140.
  9. Michele Pironti: “Rapporti giuridici tra Stato e Chiesa” Napoli, D’Argenio, 1871.
  10. Corrispondenza tra Michele Pironti e Alfonso Pironti, lettera 1869.
  11. Archivio Galiani-Pironti: Libri di memoria.
  12. V. Donniacuo: “Padre Salvatore…” op. cit. 2015, Attestati giurati, pag. 92.
  13. Fr. Augustini Gervasio in Vindobonensi Universitate SS. Theologiae Prof. Publici: “De Verbo Dei incarnato”. Libri Tres, Typis Joannis Thomae de Trattnern, MDCCLXIV (1764).